sábado, 10 de abril de 2010

HABLA ZARATTINI, presidente de LA LUPARENSE


La misura è colma, la pazienza si è esaurita e la voglia di gridare la nostra protesta, indignata, furiosa, sconsolata non può più essere contenuta. Adesso basta. Si dice che due indizi non fanno una prova, a volte nemmeno tre, ma quando sono quattro i dubbi assumono la consistenza delle certezze. Non ci sono più scuse, non ci sono giustificazioni: diamo fastidio? Qualcuno abbia il coraggio di dircelo in faccia. Siamo la squadra che negli ultimi anni ha vinto tutto e più di tutti, ci accingiamo a rappresentare l’Italia nella massima competizione europea, dove nessuna squadra italiana è mai giunta: non pretendiamo alcun riguardo perché i nostri successi crediamo di esserceli conquistati sempre sul campo, sudando pallone su pallone e non vogliamo più esser penalizzati da arbitraggi inadeguati che alimentano ormai dubbi sempre più numerosi e pesanti. La partita dell’altra sera a Montebelluna ha colmato la misura. In un anno, quattro sono state le nostre partite contro la Marca e quattro le sensazioni di essere stati privati di qualcosa. Malafede degli arbitri? Non ci voglio (ancora) credere, ma allora incapacità sì, incapacità palese ed evidente, inadeguatezza disarmante di chi è stato mandato a dirigere una partita decisiva per la regular season (e che si proietta sui play off). Per fortuna, o per sfortuna, la partita è stata trasmessa dalla Rai e tutti hanno potuto rilevare il disastroso primo tempo della coppia arbitrale. Per chi non avesse avuto il …piacere lo riassumo in breve: primi 4’ senza fischiare nulla, con interventi anche troppo decisi e violenti; poi in un minuto 3 falli fischiati alla Marca e quindi di nuovo niente per lunghi minuti. Il disastro l’hanno combinato al 17’: da un fallo subito in difesa da un nostro giocatore si è passati ad una punizione dal limite per i nostri avversari, l’attaccante in area affrontato dal nostro portiere con l’arbitro a cinque metri che non interviene e il suo collega dalla parte opposta, con almeno sei uomini in mezzo che decreta il rigore. Incapaci di gestire la bagarre verbale che ne consegue con un time out che si protrae per diversi minuti, gli arbitri non trovano di meglio che comminare la seconda ammonizione per proteste al nostro giocatore più rappresentativo; poco dopo uno scontro a centro campo li porta a punirci con il calcio franco e lì forse realizzano di averne combinate troppe e fino alla fine del tempo chiudono gli occhi su due o tre interventi nostri che –obiettivamente- potevano essere considerati falli. Tantissimi gli errori, ma quelli più pesanti e influenti sono capitati sulle nostre spalle. Può, in tre minuti una coppia arbitrale infilare una serie di errori del genere? Può una coppia arbitrale del genere dirsi adeguata a dirigere una partita così delicata? Non mi si dica che per crescere un arbitro deve cimentarsi su campi difficili: dobbiamo essere noi a pagare l’inesperienza e l’incapacità dei direttori di gara? No. Un lavoro di mesi, puntuale e preciso, serio e professionale, di due squadre preparate e pronte per la gara cruciale di una stagione, non può essere vanificato così da persone impreparate e inadatte alla importanza e difficoltà della partita. Per intensità e qualità del gioco la partita dell'altra sera ha eguagliato la semifinale di Coppa Italia: in entrambe le gare le due squadre hanno fornito uno spettacolo di grandissimo livello ripreso dalle telecamere e trasmesso in tutta Italia. Purtroppo entrambe le gare sono state macchiate da due espulsioni a nostro carico e da una serie di episodi che hanno penalizzato la nostra squadra, decidendo di fatto il risultato finale. Con ciò evidentemente privando la squadra avversaria della possibilità di dimostrare la propria superiorità e la legittimità di un successo ancora una volta marchiato a fuoco dalle sviste di chi dovrebbe garantire la regolarità del gioco. La frustazione procurata da una reiterata ingiustizia subita è di gran lunga peggiore dell'amarezza che potrà derivare, mi auguro un giorno lontano, dalla resa al più forte. I gesti eclatanti di protesta non fanno parte del nostro costume e vorremmo non dover ricorrere ad essi, ma la pazienza è una qualità che non ci appartiene...”

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